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Cyberbullismo: "ne parliamo con..." Cosimo Maria Ferri Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia

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Per la rubrica "ne parliamo con..." abbiamo intervistato sul delicato tema del cyberbullismo, il Sottosegretario di Stato alla Giustizia, Dr. Cosimo Maria Ferri. 

Lo scorso maggio la legge sul cyberbullismo è finalmente diventata realtà anche in Italia, archiviando così il vuoto normativo su tale reato. È stato un percorso complesso che lei Dr. Ferri ha sostenuto in prima persona. Quali sono state le tappe più difficili?

La necessità di uno specifico provvedimento legislativo in materia di cyberbullismo è dovuta all’incremento che il fenomeno ha registrato negli ultimi anni fino ad assumere la dimensione di un rilevante problema sociale, come dimostrano anche recenti tragici fatti di cronaca. La diffusione dei dispositivi telematici nella comunicazione quotidiana e l’accesso ad internet da parte di giovani e giovanissimi ha contribuito ad amplificare gli effetti del problema: la rete e, in particolare, i social media sono infatti l’ambiente nel quale più frequentemente si verificano i comportamenti di molestia (anche sessuale e penso al fenomeno del sexting) e di aggressione di stampo bullistico. L’assenza di una dimensione spazio-temporale definita, tipica dei luoghi virtuali, consente al bullo di insinuarsi subdolamente nella vita della sua vittima a qualsiasi ora del giorno e della notte e in qualunque luogo essa si trovi.Ecco perché la legge per il contrasto al cyberbullismo è una conquista di civiltà per il nostro Paese e l’approvazione unanime del testo è segno della bontà del confronto costruttivo posto in essere dal Legislatore optando, nei vari passaggi parlamentari, per un’impostazione di fondo basata sugli strumenti preventivi di carattere educativo piuttosto che repressivo.
A questo proposito è opportuno chiarire che la mancata introduzione di specifiche sanzioni penali in materia di cyberbullismo non significa impunità dei relativi comportamenti che ben possono integrare le condotte di reato già punite nel nostro ordinamento (mi riferisco ad esempio allo stalking, alla diffamazione e al furto di identità, alla diffusione di materiale pedo pornografico, alla violazione della privacy).
Un punto a mio avviso fondamentale sul quale insiste la novella è la predilezione dell’informazione e della formazione degli stessi destinatari della rete - attraverso una decisiva opera di sensibilizzazione che coinvolge le Istituzioni, le Associazioni e i territori - su come vivere in modo sano gli spazi virtuali.
Al tempo stesso si introducono strumenti efficaci per intervenire con immediatezza a protezione della dignità del minore. In particolare, nei confronti dei gestori dei siti o dei social media sarà invocabile un provvedimento di oscuramento o rimozione del contenuto illecito entro le 48 ore dalla segnalazione prevedendo, in caso di inerzia, l’intervento del Garante per la protezione dei dati personali. Grazie alla valorizzazione degli apporti forniti dalla Polizia postale sarà più facile risalire alla reale identità del persecutore, in modo di squarciare tempestivamente il velo dell’anonimato. Vi è, infine, l’ammonimento da parte del Questore per le condotte di cyberbullismo realizzate da ultra-quattordicenni nei confronti di altro minorenne.
Ma al di là dei singoli strumenti giuridici il messaggio della legge è che tutti i soggetti interessati alla crescita e all’educazione dei ragazzi (la famiglia, la scuola e la società) devono compiere uno sforzo ulteriore affinché ogni singolo percorso formativo possa prendere coscienza di questo problema.

Alla luce della nuova legge, come dovrebbero porsi sia le scuole che le famiglie, da una parte per prevenire e dall’altra per monitorare il fenomeno?

Viviamo un’epoca in cui i corpi sociali intermedi non sempre riescono a prevenire condotte lesive che nascono nella dimensione individualistica nella quale molto spesso la Rete pone i giovani. Eppure, è solo all’interno della dimensione sociale che il singolo riesce a maturare una sana coscienza di sé e degli altri ed in quest’ottica il ruolo della famiglia e della scuola, particolarmente valorizzato dalla nuova normativa, resta fondamentale.
E’ sotto tale profilo che le azioni da mettere in campo saranno basate su strategie “di attenzione” ed educazione nei confronti dei minori coinvolti - tanto come vittime che come responsabili - senza distinzioni di età, prediligendo l’informazione e la formazione degli utenti. Il ruolo di primo piano delle Istituzioni, della scuola, delle famiglie e delle associazioni specializzate e rappresentative della società civile potrà dar vita a un percorso di crescita e comprensione del fenomeno sul terreno del continuo e ideale dialogo con tutti i soggetti.

A suo avviso, in Italia c’è una sufficiente informazione sulla tematica del cyberbullismo?

Ritengo di sì, ma si può e si deve sempre fare meglio. Non dimentichiamo che stiamo parlando di condotte nuove e di recente affermazione e per questo non è stato possibile effettuare uno screening completo che potesse consentire di assumere le risposte di carattere preventivo che questa legge intende garantire.
Purtroppo i comportamenti riconducibili al cyberbullismo sono in costante aumento come ci dimostrano i dati della polizia postale secondo i quali nel 2016 sono stati 235 i casi originati da una denunzia di reato che ha visto minori vittime di cyberbullismo (88 minacce, ingiurie e molestie; 70 furti d’identità digitale sui social network; 42 diffamazioni online; 27 diffusioni di materiale pedo-pornografico; 8 condotte di stalking).
Dalle indagini svolte dell’Istat emerge uno spaccato del fenomeno che, sul piano socio- demografico, ci dice che tra i giovanissimi e i giovani (11-17 anni) circa il 20% è vittima assidua di atti di bullismo e quasi il 10% subisce tali atti con cadenza settimanale e oltre il 57% delle vittime sono giovanissimi residenti al Nord. Le ragazze sono più frequentemente vittime dei ragazzi, per i quali le forme di aggressione con relazione diretta tra bullo e vittima sono più del doppio delle forme indirette.
Le associazioni denunziano, infine, che l’età delle vittime si sta abbassando sempre di più e segnalano che un caso su cinque vede come vittime bambini sempre più piccoli, anche di 5 anni. Per questo tutti noi, Istituzioni, famiglie e scuole, dobbiamo agire presto e con cognizione di causa.

La tutela degli utenti della rete sembra a volte impossibile da realizzare, proprio per la sua enorme vastità. Quali sono le strategie di prevenzione da poter mettere in atto?

Punto focale per l’attuazione degli strumenti preventivi in ambito scolastico sono le linee di orientamento adottate dal MIUR, sentito il Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia, indirizzate proprio agli istituti scolastici. La loro finalità è quella di formare il personale scolastico e di promuovere un ruolo attivo degli studenti e sostenere e rieducare i minori coinvolti. Il raccordo tra gli attori di questo progetto è garantito dal tavolo tecnico interministeriale coordinato dal MIUR con la partecipazione, tra gli altri, delle Autorità garanti delle Comunicazioni, di protezione dell’Infanzia e dei dati personali e delle associazioni di studenti e di genitori con esperienza nel settore. L’obiettivo del tavolo tecnico è quello di varare un piano d’azione integrato - di cui si servirà anche la Polizia postale per il controllo dei contenuti riguardanti i minori - con un codice di regolamentazione rivolto agli operatori che forniscono i servizi di social networking, prevedendo allo scopo iniziative e progetti personalizzati che coinvolgano i serviti territoriali attraverso campagne informative periodiche.

Esistono anche organismi e associazioni che si sono adoperati, anche prima dell’approvazione della legge, per offrire supporto agli utenti della rete. In quale modo questi organismi si coordinano con le istituzioni e la Polizia postale?

Sicuramente il tavolo interministeriale sarà il luogo deputato a creare fruttuose sinergie tra le Istituzioni e tutti gli attori sociali, associazioni ed operatori della società civile che saranno sempre più coinvolti nelle risposte da dare ad un fenomeno che dovrà essere prontamente inercettato sul territorio. Dal momento che la legge ha inteso concentrarsi sulla prevenzione piuttosto che sulla repressione sono previste campagne informative e progetti di recupero personalizzati in modo da incoraggiare ed implementare la cooperazione tra la Polizia postale e le numerose associazioni che con grande professionalità e dedizione si occupano di bullismo e cyberbullismo.

Secondo la sua esperienza quali possono essere le 3 migliori azioni da mettere in campo per un adolescente vittima di cyberbullismo?

Ritengo estremamente utile e incisivo che i genitori siano sempre vigili sul comportamento dei propri figli in modo da cogliere eventuali anomalie e situazioni di disagio, attivandosi nel modo più adeguato al primo campanello d’allarme. Sul punto sono interessanti i progetti lanciati da alcune associazioni in merito a corsi di formazione, rivolti ai minori ed agli adulti, sulla patente digitale per far conoscere nei dettagli l’utilizzo, le potenzialità positive ma anche quelle negative della rete e dei mezzi tecnologici. Sono gli stessi genitori che devono possedere la conoscenza degli strumenti per poter interagire con i figli educandoli ad un corretto uso degli stessi. Così come è opportuno che la famiglia interagisca con la scuola, poiché è anche nelle aule scolastiche che la personalità dei nostri figli si forma.
Le condotte di cui stiamo parlando rappresentano un fenomeno che può avere conseguenze devastanti sulla crescita di un giovane ragazzo e per questo occorre infrangere il silenzio che accompagna il dramma delle vittime che devono essere invece assistite ed incoraggiate, in primo luogo, a denunciare. L’aspetto più delicato, infatti, è proprio garantire un intervento tempestivo per evitare l’isolamento della vittima, creando una rete di protezione che possa accogliere chi è in difficoltà.
Dobbiamo insomma creare le condizioni affinché ogni vittima possa trovare il coraggio di reagire e invocare l’ascolto del proprio ambiente, come di recente la giovane studentessa di Treviso, che ha potuto denunciare gli atteggiamenti offensivi dei suoi compagni con una lettera scritta sul giornalino scolastico.
La strada maestra, dunque, è creare un sistema che prevenga condotte lesive e che possa al tempo stesso aiutare la vittima ad uscire dal circuito della paura e della vergogna. La legge approvata ha proprio l’obiettivo di fornire queste risposte mobilitando tutti i soggetti, istituzionali e non, in un percorso che interrompa la spirale dell’isolamento di fronte a queste moderne forme di violenza.

(Intervista a cura di Ilaria Vanni pubblicata sul n° 1 della Guida "Media Digitali e Scuola" realizzata dalla FE.I.C.O.M. con il patrocinio del Ministero della Giustizia)