Il modello educativo dei genitori dell’ultimo decennio è spesso basato sull’iper-genitorialità, genitori che vogliono vedere i propri figli pronti ad una vita di successo, realizzati in ambito lavorativo, dove ciò che conta di più è il guadagno.
Da qui la smania di impegnare in mille attività il proprio figlio, spingendolo al successo ad ogni costo. Il risultato di questo atteggiamento si concretizza in una continua pressione sugli adolescenti, con conseguente ansia da prestazione, il rischio è di creare adulti scompensati.
I bambini sanno come devono assumersi una responsabilità, e sviluppare una propria identità, solo quando scelgono la propria inclinazione.
Spingere i propri figli verso la perfezione è un inutile carico di responsabilità che non permette a questi di svagarsi e di vivere una vera infanzia.
La paura di sbagliare, se ci pensiamo, è la sensazione che ci limita di più, in quanto strettamente legata alla visione che ognuno di noi ha del successo, quindi pretendere il successo dai propri figli corrisponderà a piantare il seme della paura di sbagliare, il risultato sarà un adulto non indipendente ed insicuro.
Come è bella invece l’imperfezione, ne hanno un disperato bisogno i giovani che sono circondati da modelli di perfezione fisica. L’imperfezione è rassicurante e cura l’anima. Quando la cogliamo negli altri lenisce la nostra ansia da prestazione.
Ed è proprio a quella, a mio parere, che dovremmo educare i giovani, ad accettare l’imperfezione come unicità e ad insegnargli a sviluppare le personali propensioni al meglio delle proprie possibilità.
Prof.ssa Simona Durante
Coordinatrice Osservatorio multimedialità e minori